Viaggio alla scoperta del commercio equo e dell’economia solidale
“ Non siamo qui per salvare il mondo, ma per fare la cosa giusta”
Dal cuore di Padova alla pace delle colline marchigiane; dalla campagna rodigina ai latifondi foggiani. Storie di bellezza, di rispetto per le persone e per l’ambiente, di resistenza al pensiero criminale che “ammala” la terra.
Un gruppo di ragazzi del servizio civile universale delle botteghe del veneto ha intrapreso, fra il 19 e il 24 settembre scorsi, un viaggio attraverso l’Italia alla scoperta di alcune realtà produttive e del terzo settore: le accomuna la relazione con il mondo del commercio equo e dell’economia solidale. Fra loro c’eravamo anche noi, i volontari del servizio civile di Unicomondo: Luca, Gloria e Carla. Un viaggio non geograficamente “lontano” ed esotico, ma che ha portato un prezioso bagaglio di scoperta, di racconti ed emozioni. Vorremmo condividerlo con te!
Al festival Tuttaunaltracosa, la cui 27esima edizione si è tenuta in piazza Capitaniato a Padova, abbiamo seguito due incontri in cui si è parlato di giovani e commercio equo, di territori equosolidali e di come una cosa all’apparenza “piccola” come il microcredito possa cambiare profondamente la vita delle comunità.
Da queste premesse il nostro viaggio ha avuto inizio. Siamo andati a visitare un bene sequestrato alla criminalità organizzata a Badia Polesine, provincia di Rovigo. Una villa seicentesca che ha avuto la sfortuna di passare per le mani predatorie di un trafficante di stupefacenti, spogliata dei propri affreschi e delle proprie strutture interne, conosce oggi una nuova vita e una nuova forma di bellezza. Oggi si chiama “Casa della Cultura e della Legalità”, dedicata a Silvano Franzolin, vittima polesana della Mafia. Dal 2016 ospita attività culturali e di volontariato: dalla biblioteca ai laboratori per giovani, dal cineforum alle attività di sostegno a persone con storie di fragilità ed emarginazione.
Dal Polesine alle Marche: a Fano ci aspettava Massimo Mogiatti, della cooperativa Shadhilly Caffè. Seduti su sacchi di caffè verde abbiamo ascoltato storie su un prodotto che viene da lontano, dal Guatemala, da Haiti e dall’Uganda. Un caffè importato da una piccola realtà Italiana, ma che porta dignità e permette alle comunità di origine di costruire la propria idea di vita migliore, venendo lavorato e venduto come prodotto d’eccellenza fra Europa, nord America, Corea e Giappone.
Costruire la propria idea di un mondo migliore è anche quello che fece, negli anni ‘70, una giovane famiglia di Isola del Piano, paesetto fra le colline marchigiane. Gino Girolomoni, assieme alla moglie Tullia e al primo figlio neonato si trasferì a vivere in un monastero in rovina, che dominava il paesaggio dalla collina di Montebello: si trattava dell’inizio di una straordinaria esperienza che unisce ancora agricoltura biologica e cultura. Fondarono la cooperativa Alce Nero, e nel monastero in ricostruzione si riunivano persone come Alexander Langer, Sergio Quinzio, Massimo Cacciari e Ivan Illich. Discutevano attorno allo stesso tavolo a cui noi abbiamo mangiato durante il nostro soggiorno al monastero, accompagnandoci con le loro presenze nell’atmosfera sospesa nel tempo che si respira in quelle sale.
Abbiamo anche noi avuto modo di partecipare ad un incontro importante e denso di significato, con Giovanni Girolomoni (presidente della cooperativa che porta il nome del padre Gino, scomparso nel 2012) e Patrizia Poggiali di Gala cosmetici. Da un lato la pasta Girolomoni, che esporta in tutto il mondo un’eccellenza del biologico italiano prodotta proprio sulla collina di Montebello (letteralmente dal campo al pacco di pasta, a “cm 0”), dall’altro i cosmetici Natyr, che seguono rigidi standard di certificazione biologica e impiegano materie prime del commercio equo. Il comune denominatore è l’idea di bellezza e rispetto, sia delle persone che dell’ambiente.
Lasciato a malincuore Montebello, ci siamo diretti a sud per l’ultima tappa del nostro viaggio. A Cerignola, in provincia di Foggia, la cooperativa Pietra di Scarto porta avanti ogni giorno gli ideali di giustizia sociale ed economica attraverso l’agricoltura sostenibile e la cultura dell’antimafia. Il presidente di Pietra di Scarto non poteva che chiamarsi Pietro, Pietro Fragasso, che ci ha raccontato cosa significa fare “resistenza, redenzione, rivoluzione” in un territorio difficile come quello di Cerignola, e in un bene sequestrato alla mafia. Cosa significa fare “Laboratorio di Legalità” con i giovani, laboratorio intitolato a Francesco Marcone, dirigente pubblico vittima della criminalità organizzata. Cosa significa offrire nuove opportunità attraverso la passata di pomodoro e le olive a chi conosce la durezza della detenzione e del caporalato, facendolo con il sorriso, perché “l’antimafia è gioia di vivere”.
E con l’ultimo tramonto sui campi di Cerignola si è concluso il nostro viaggio, ma non il nostro racconto.
Come riassumere così tante emozioni in una sola parola?
Bellezza.